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Costruire sulle vestigia: impermanenze. Opere in situ (Construire sur des vestiges, d'un éphémère à l'autre. Travaux in situ) è il titolo dell’evento espositivo che s’inaugura venerdì 27 luglio alle ore 19,30 per rimanere aperto sino al 7 ottobre 2012.

Dopo il successo ottenuto al Grand Palais di Parigi in occasione di Monumenta 2012 (oltre 300 mila spettatori), Daniel Buren approda al Parco Archeologico di Scolacium come protagonista di Intersezioni 2012.
L’attesa rassegna, giunta alla settima edizione, tra gli appuntamenti culturali più importanti della stagione estiva, si caratterizza quest’anno per l’inedito progetto del maestro francese che ha voluto intervenire all’interno del Parco di Scolacium con cinque grandiose installazioni concepite specificatamente per il luogo consentendone una rinnovata lettura. Com’è già avvenuto nelle precedenti edizioni, il progetto coinvolge anche il museo MARCA di Catanzaro. Entrambi gli appuntamenti sono curati da Alberto Fiz, Direttore Artistico del MARCA.

“Intersezioni, insieme, al MARCA, rappresenta un punto di riferimento imprescindibile della nostra programmazione culturale e anche in una situazione di generale difficoltà la nostra amministrazione si è impegnata con determinazione per dare vita ad un appuntamento che ha assunto un particolare significato nel contesto culturale e artistico del territorio.”, spiega Wanda Ferro Presidente della Provincia di Catanzaro con delega alla Cultura. “La miglior prova del nostro successo è il coinvolgimento di uno dei maggiori protagonisti della scena internazionale come Daniel Buren che ha fatto del Parco il luogo di un progetto unico e irripetibile che solo qui si potrà ammirare.”
Come afferma Alberto Fiz, “la nuova edizione di Intersezioni è un punto di approdo per un evento di anno in anno sempre più ambizioso. In quest’occasione, Buren ha sviluppato un sincretismo con le vestigia antiche annullando la distanza temporale tra il mondo antico e quello contemporaneo. Un intervento, il suo, radicale e coraggioso dove appare evidente come sia il Parco di Scolacium a provocare l’opera la quale esiste solo in stretta relazione con il contesto ambientale. Si tratta di una vera e propria svolta anche rispetto agli altri importanti progetti realizzati in questo luogo.”

La mostra coinvolge i centri nevralgici del Parco con una serie d’interventi concepiti specificatamente per la Basilica, il Foro, il Teatro romano e l’uliveto.
La Basilica viene illuminata da vetrate in plexiglas rosse e blu che la riportano ad un immaginario utopico in un’alternanza magica e imprevedibile di luci e ombre. “Per me il colore è pensiero puro, dunque totalmente indicibile. Tanto astratto quanto una formula matematica o un concetto filosofico”, ha scritto Buren.
Il Foro, invece, è oggetto di una fantastica ricostruzione dove Buren reinventa un colonnato formato da 53 elementi in legno partendo dai frammenti esistenti. In questo caso il luogo dell’archeologia appare come l’elemento ispiratore di un progetto architettonico che sfida il tempo e lo spazio.
Di natura del tutto eccezionale è, poi, lo spettacolare intervento ideato per il Teatro dove Buren ha concepito una struttura specchiante di oltre 30 metri di lunghezza e di oltre tre metri d’altezza che, collocata al centro, permette di raddoppiare l’immagine dell’antica costruzione sviluppando un contesto visivo del tutto straniante dove la percezione del luogo subisce una progressiva trasformazione riflettendo e nello stesso tempo occultando lo spazio. Ci si trova di fronte all’impermanenza dello sguardo che assorbe i dati di una realtà virtuale.
Buren, poi, è apparso particolarmente affascinato dall’uliveto che circonda il Parco creando una perfetta integrazione con i luoghi della storia e, per quest’occasione, ha progettato un’installazione di oltre 20 elementi che abbraccia gli ulivi evidenziandone le caratteristiche e la peculiarità nel suggestivo ambiente del Parco di Scolacium.

Come afferma Buren: “Le mie installazioni permettono sia d’accentuare le linee di forza già esistenti all’interno del Parco, riempire dei vuoti, come nel caso della Basilica, replicare forme geometriche semplici, disegnare delle linee nello spazio, rilevare le altezze, come nel caso del Teatro, o ancora, rintracciare delle colonne che non sono mai esistite, come avviene nel Foro.”
Un dialogo con il passato, dunque, che trova nell’opera di Buren un nuovo e imprevedibile spazio visivo.
A tutto ciò si aggiunge un’altra installazione concepita specificatamente per il Parco, Cabane éclatée aux 4 couleurs: travail in situ, di 4x4x4 metri. Si tratta di un nuovo lavoro basato sulla relazione spazio-colore che fa parte della serie Cabane éclatée iniziata nel 1975. Sono strutture esplose al loro interno che si aprono al vuoto e assorbono il luogo che le circonda condividendone l’esistenza. Le Cabane non sono né un oggetto né un decoro, ma un luogo fruibile e abitabile che ogni volta consente una nuova verifica. Proprio questo concetto di luogo connesso appare il punto di riferimento dell’esposizione al MARCA dove viene proposta La cabane éclatée aux plexiglas colorés et transparents: travail situé che in questo caso entra in relazione con lo spazio chiuso sviluppando un nuovo approdo visivo dove il museo diventa parte dell’opera.

La mostra è accompagnata da un catalogo in italiano e inglese edito da Silvana Editoriale con testi di Maria Grazia Aisa, Daniel Buren, Bruno Corà, Alberto Fiz e Hans-Ulrich Obrist.

Museo MARCA
Via Alessandro Turco, 63
88100 Catanzaro

Tel. 0039. 0961. 746797
e mail: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.  

http://www.museomarca.info