La Raffella De Chirico Arte Contemporanea è lieta di annunciare la personale Antologica, della memoria e del tempo della celebre artista danese Eva Sørensen.
A trent’anni dalla sua partecipazione alla Biennale di Venezia nel 1982, la mostra renderà omaggio alla sua carriera ripercorrendone le tappe più significative.
“Le cose più profonde sono quelle che stanno in superficie: difatti sono le più impegnative, ti corrispondono”. Vincenzo Agnetti descrisse in questa breve ed esaustiva frase, il nucleo essenziale dell’operato e della poetica sørensiana.
Ricercatrice instancabile, profondamente ancorata alla terra e ai materiali che meglio potessero rappresentarla, Eva, nata ad Herning (Danimarca) nel 1940, iniziò la sua formazione a Parigi presso l’Accademia privata dello scultore ungherese Laslo Szabo.
Da sempre dimostrò particolare interesse e sintonia verso il nostro Paese: si trasferì in Italia all’inizio degli anni Sessanta frequentando artisti come Piero Manzoni, Enrico Castellani e Lucio Fontana, entrando a far parte di quella storica fucina ligure che riunì i più grandi esponenti delle avanguardie artistiche nazionali e non, attorno ai laboratori di ceramica di Albisola.
Proprio attraverso la lavorazione della ceramica, Eva Sørensen identificò a poco a poco l’obiettivo della sua ricerca, un obiettivo “materiale”, il tentativo di pervenire ad un ideale supporto fisico che potesse essere fine, mezzo e radice di una poetica scultorea e poi disegnativa, intesa come espressione di forze vitali.
La sua sperimentazione spaziò dalla terracotta, al grès, al legno, elementi di cui l’artista sondò possibilità e limiti.
La pietra, si svelò, in ultima analisi, quale meta eppure punto di partenza, luogo prediletto di un’indagine artistica volta a cancellare la secolare antitesi tra arte e natura, spazio fisico capace di elevare muti blocchi di granito, a eterni dententori e narratori della vita nascosta che dorme nelle cose.
Milano la vide protagonista nell’estate del 1978 con un’esposizione delle sue monumentali opere al Parco Sempione. Massi enormi, trasportati dalle Dolomiti, dialogavano con un panorama cittadino e antitetico alla loro primitiva essenza, ma in perfetta sintonia con il lavoro di Eva Sørensen che, levigandone alcune parti e evidenziando con linee profonde o appena accennate l’anima e la pelle proprie della pietra, andava instaurando con il suo intervento, una spontanea convivenza tra cultura e natura, dove forma ideale e forma materiale imparavano a convivere e dove la linea e il movimento fisico che la sottende diventavano espressione estetica della singolare irripetibilità dell’elemento naturale. Ne scaturirono opere in cui si esplicitava un continuo rimando tra forma e materia, tra corporeità gestuale ed emersione, attraverso questa, di una memoria fisica primordiale.
La produzione grafica della Sørensen, si costituisce quasi come preliminare progetto dell’attività scultorea, manifestando però una sua autonomia.
La linea che domina e ordina la rappresentazione porta sulla superficie piana di un foglio, l’invisibile. Scrive le tracce della relazione tra linea grafica e linea minerale sedimentate nella mano dell’artista.
I disegni tridimensionali di Eva Sørensen esplicitano una memoria stratificata in cui il movimento del corpo incontra quello della terra che si disvela nella sua essenza segreta attraverso il mezzo artistico. Sono composizioni ritmiche, stese in una sola seduta, registrazioni del pensiero che comunica attraverso un gesto netto e concentrato. Il disegno, espressione di cultura, si fa portavoce dei dimentichi misteri della natura.
La mostra presenterà l’intera evoluzione e l’inesausta ricerca intrapresa da questa grande artista danese, spaziando da piccole sculture in terracotta sino ad esporre i disegni che parteciparono alla Biennale del 1982, rendendo omaggio all’amore incondizionato con cui Eva Sørensen ha nutrito la propria produzione artistica e alla tenacia, nonché, coerenza di pensiero, con cui ha approfondito la propria eterna e immortale poetica.