Una grande mostra a Forlì. Il Preraffaellismo – la cui data di inizio può essere fissata con certezza al 1848, ma la cui conclusione non è facile da individuare perché sfuma nei movimenti decadente e simbolista – non fu un ritorno reazionario agli stili del passato ma un progetto visionario capace di creare opere decisamente moderne, restituendo forza e presenza alla tradizione italiana.
Il nome esprime il rifiuto del “raffaellismo” e dei “raffaelliti”, la critica di ogni forma accademica, la contestazione del rigorismo formale della Royal Academy, così legata al classicismo dopo Raffaello. Così a metà dell’Ottocento, nel fatidico 1848, nell’Inghilterra vittoriana, nel pieno della Rivoluzione industriale, alcuni giovanissimi artisti – Dante Gabriel Rossetti, John Everett Millais, William Holman Hunt – radunati in una Confraternita, ardirono di cambiare il corso dell’arte. Se la spinta programmatica fu breve – nel 1853 era già terminata – lo sviluppo dei modelli fu pervasivo, il successo duraturo. La loro non fu una rivoluzione conservatrice, aprirono al Simbolismo e all’Art Nouveau. Furono la prima avanguardia, il primo movimento che avrebbe aperto la strada a esperienze poi così diverse e persino contrapposte del Novecento europeo.
I Preraffaelliti cercavano la fedeltà alla natura, la visione pura della realtà delle cose; i loro colori erano vividi e schietti. Quando il carbone delle ciminiere anneriva il cielo e le case. Cercavano nelle fonti letterarie l’ispirazione all’assoluto e la passione d’amore, mentre l’economicismo della Rivoluzione industriale mostrava una modernità contraddittoria e socialmente diseguale.
Nel loro momento sorgivo sognarono di ripercorrere l’arte dei Primitivi, gli antichi maestri del Tre-Quattrocento italiano. Toscano soprattutto. Come in uno specchio, guardarono a Cimabue, a Giotto e ai giotteschi, a Beato Angelico e Benozzo Gozzoli, particolarmente al suo ciclo di affreschi nel Camposanto di Pisa, salvati alla memoria collettiva dalle incisioni di Lasinio all’inizio dell’Ottocento. Poi Cosimo Rosselli, Verrocchio e i due Lippi, Ghirlandaio, Piero della Francesca, Signorelli, Botticelli. Sopra tutti Botticelli, rivelato nuovamente agli occhi dell’Europa.
Come scrisse Venturi nel « mondo incantato dell’arte di Botticielli, con lo splendore dei suoi apparati di velluto, d’oro e di fiori, col singolare nostalgico fascino dei suoi tipi umani e dei suoi ritmi di linee» che «chiude in sé i sogni di Firenze sul tramonto del Quattrocento, nella vigilia splendida di giorni di passione, del secolo di Michelangelo», si erano riconosciuti tutti.
La loro fu anche una pittura al femminile. Donne dalla sensualità enigmatica, dalle passioni tristi, dalla bellezza sfuggente abitano il pensiero visivo e ossessivo di Rossetti, le immagini cristallizzate di Leighton, le storie incantate di Burne-Jones. Ma folta è altresì la schiera delle protagoniste femminili dell’arte, che contribuirono a dar vita all’estetica preraffaellita: da Elizabeth Siddal a Evelyn De Morgan.
La mostra forlivese del 2024 è un evento unico. Con oltre 300 opere (tra dipinti, sculture, disegni, stampe, fotografie, mobili, ceramiche, opere in vetro e metallo, tessuti, medaglie, libri illustrati, manoscritti e gioielli) è l’esposizione dedicata ai Preraffaelliti più grande mai realizzata. Essa intende ricostruire, attraverso prestiti eccezionali dai principali musei del mondo, l’intera vicenda delle tre generazioni di artisti che andarono direttamente sotto il nome, o si richiamarono allo spirito, dei Preraffaelliti. Un percorso unico, che va dalle loro radici ottocentesche dei Nazareni e di Ruskin alla loro eredità novecentesca.
Centrale, nell’esposizione ai Musei San Domenico, è il confronto diretto tra i maestri italiani dal Trecento al Cinquecento e questi moderni artisti. Il confronto col Rinascimento storico determinò questo nuovo Rinascimento. L’esposizione forlivese si conclude mostrando come i pittori e gli artisti italiani dell’ultimo Ottocento – da De Carolis a Sartorio – abbiano ritrovato le memorie della propria storia, rinnovando la loro identità anche attraverso il confronto con la lunga vicenda dei Preraffaelliti.
Ideata e realizzata dalla Fondazione Cassa dei Risparmi di Forlì in collaborazione con il Comune di Forlì, la mostra è a cura di Liz Prettejohn, Peter Trippi, Cristina Acidini e Francesco Parisi; di Gianfranco Brunelli la direzione generale. Il progetto espositivo, a cura dello Studio Lucchi & Biserni, porta in Italia capolavori provenienti dalle più importanti istituzioni nazionali e internazionali. Il pregevole catalogo che accompagna la mostra è edito da Dario Cimorelli Editore.
In alto, Dante Gabriel Rossetti, La vedova romana (1874)
Qui sotto, William Holman Hunt, Bianca (1868-69)
Sede
Musei San Domenico
Piazza Guido da Montefeltro 12, Forlì
Date al pubblico
24 febbraio - 30 giugno 2024
Informazioni e prenotazioni mostra
tel. 0543.36217
Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.
www.mostremuseisandomenic
Orario di visita
da lunedì a venerdì: 9.30-19.00
sabato, domenica, giorni festivi:
9:30-20:00
La biglietteria chiude un’ora prima