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Si può anche “andar per mostre on line” ed è quanto ci consente la bella viewing room, con testi del curatore Andrea Iezzi, realizzata dalla  galleria Berardi di Roma, dedicata allo scultore Costantino Barbella.

La mostra è allestita alla galleria Berardi di Roma, ma sul sito c’è la possibilità di visionare la bella e completa presentazione, una vera e propria visita virtuale.

Costantino Barbella, nato a Chieti il 31 gennaio 1852, è stato il grande cantore della quotidianità e dell’epos popolare abruzzese, come dice significativamente il titolo della mostra che lo definisce “artista del sentimento alla ricerca del vero”. Molto belle le sue figure in terracotta e bronzo nei particolari dei costumi e delle pose, esposte nelle più importanti mostre di fine Ottocento.

Barbella strinse da giovane amicizia con un grande pittore dell’epoca, Paolo Michetti, che gli cambierà letteralmente la vita. I suo esordi sono ispirati alla opere di Michetti, a cui deve sia le tematiche ispirate al costumbrismo abruzzese, sia una tecnica quasi da cesellatore. A queste si accompagnarono poi i ritratti di personaggi illustri e i monumenti pubblici.

Queste produzioni di felici idilli campestri furono molto richieste nelle maggiori esposizioni internazionali da Anversa a Parigi, da Londra a Berlino.

L’opera sua più famosa, “Canto d’amore” ottiene la medaglia d’oro all’Esposizione Nazionale di Napoli del 1877. La scultura è formata da tre fanciulle abbracciate che camminano cantando. Lo scultore vi rappresenta le sue tre sorelle. Gabriele D’Annunzio ne fa una recensione entusiasta. I protagonisti delle sue opere sono quasi sempre popolani abruzzesi.

La mostra ci dà un’idea dell’intero percorso artistico di Costantino Barbella. In mostra possiamo ammirare fra le altre la terracotta “Idillio” , quella che lo pone all’attenzione generale, con la sua osservazione veristica della realtà, nel quale è svolto il tema della gioia dell’innocenza dopo il lavoro. E’ l’opera che gli apre le porta del successo, trovando posto nelle collezioni del museo di Capodimonte di Napoli. Sono sculture preziose e piacevoli, lontane dall’ufficialità e destinate a un nuovo pubblico colto- borghese. Barbella evolve poi verso una sua cifra stilistica che continua lo studio del vero ma introduce anche la riflessione sul barocco napoletano e sul romanticismo che portano l’artista a fermare il momento importante qualificandolo nel gruppo d figure. Evoluzione leggibile fin dalle due contadine del “Ritorno dalla campagna”(1876) anch’essa in mostra, che diventano poi le tre sorelle dell’artista nel “Canto d’amore”. Un procedimento che sarà portato avanti per tutti gli anni Ottanta dell’Ottocento: in mostra si può ammirare “La pacera” del 1880, come lo studio preparatore della  “Partenza del coscritto” e del  “Ritorno del soldato”. Opere destinate insieme ad altre alla futura collezione della Galleria d’Arte Moderna di Roma. Un decennio che si conclude con opere come “La sposa, anche detta “Addio” del 1889. Un bel gruppo di tre figure, in mostra, che ha un dato autobiografico nel matrimonio dell’artista. La scultura, esposta a Palermo nel 1891, gli valse il plauso di D’Annunzio che lo definì un grande scultore, sia nel grande formato sia nel piccolo. Alla galleria Berardi si può ammirare anche un’altra bella terracotta di Barbella, “La consigliera”, o “Lotta intima” del 1897 che mostra come l’evoluzione è pienamente avvenuta. Molto interessante anche “Il costume olandese”, frutto dello studio del folclore che Barbella aveva incontrato durante un viaggio in Fiandra e in Olanda nel 1894. Poi la svolta verso una sensibilità diversa verso la bellezza “moderna” che preannuncia la sua adesione al gusto liberty, rappresentata in mostra dal nudino ”Pensierosa” (1897) , testimoniata ancora più chiaramente in opere successive come “Ebbrezza” del 1912 entrambe esposte nella galleria Berardi.

A ideale conclusione della mostra il bronzo” Cieco” del 1916 esposto anche nel 1919 con il titolo “Luce nelle tenebre”, evocativo dello stato dell’artista diventato ipovedente a causa della cataratta. Un’opera che abbandona lo stile del bozzetto veristico e ci rimanda echi del gusto classico tipico del movimento del “Novecento italiano”. Barbella muore a Roma il 5 dicembre 1925, da alcuni anni costretto all’inazione dalla sua menomazioni agli occhi. Bella la definizione che diede di lui lo scrittore Paolo Orano: “Un grande scultore di statue piccine”.

nella foto in alto, Costantino Barbella "La sposa" o "L'addio" (1889) 

nella foto qui sotto, Costantino Barbella "IL ritorno dalla campagna" (1876)

Viewing room: https://www.berardiarte.it/ 

Berardi Galleria d'Arte · Corso del Rinascimento, 9 · Roma, Lazio