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Con un raffinato “Autoritratto”, olio su tela del 1918, si inizia il lungo percorso espositivo  della selezionatissima antologica dedicata a Luigi Serralunga – fra i più valenti interpreti della cultura artistica italiana di fine Ottocento inizi Novecento – e ospitata, fino a febbraio, nelle Cucine Reali della Palazzina di Caccia di Stupinigi. Serralunga aveva allora 38 anni e, in cornice, mostra uno sguardo intenso, occhialini alla Cavour e baffi folti moderatamente rigirati all’insù.

Il bianco colletto della camicia libera il volto dal fondo in ombra del soggetto. Nato a Torino nel 1880, da famiglia borghese legata all’amministrazione regia, nel ‘18 aveva già da tempo terminato gli studi all’Accademia Albertina di Belle Arti, dove suo provvidenziale maestro era stato soprattutto Giacomo Grosso, pittore già affermato - giunto al successo con la prima Biennale di Venezia - e riferimento costante ( a volte in modo fin troppo eccessivo) per tutta la carriera artistica di Serralunga. Che, dopo aver iniziato ad esporre dal 1904 (e lo farà ininterrottamente fino al 1939, anno precedente la morte) alla Società Promotrice di Belle Arti, andò gradualmente affermandosi nella nutrita e non facile scena artistica torinese, confrontandosi puntigliosamente con artisti del calibro di un Lorenzo Delleani o di un Leonardo Bistolfi e di un Giovanni Guarlotti. Pittore particolarmente amato dalla nobiltà e dalla buona borghesia sabauda, Luigi Serralunga partecipò anche alle Quadriennali torinesi del 1923 e del 1928, oltreché alle rassegne organizzate sempre a Torino dalla Società d’Incoraggiamento alle Belle Arti, nell’ambito del Circolo degli Artisti, e dalla Società Amici dell’Arte, come testimoniano le cronache artistiche del tempo, a firma di Emilio Zanzi, critico della “Gazzetta del Popolo” e della rivista “Emporium”. Apprezzato pittore, Serralunga fu inoltre valente maestro  di giovani (allora) promesse dell’arte, come Mattia Moreni e soprattutto Ettore Fico, suo vero “pupillo” ed “erede morale e pittorico della sua opera”, al punto che un buon numero di suoi dipinti sono oggi confluiti nella stessa Fondazione Ettore Fico. E qui il cerchio si chiude. E’ infatti proprio sotto la direzione artistica del MEF – Museo Ettore Fico, in collaborazione con Ordine Mauriziano e Reverse Agency, che nasce la grande antologica di Stupinigi (un’ottantina le opere esposte), curata da Andrea Busto e prima iniziativa in assoluto del Sistema Cultura Nichelino. Un primo passo, per una collaborazione che si auspica possa procedere ed evolversi nel tempo. Luogo espositivo ideale e di forte suggestione, gli ampi spazi delle Cucine Reali della Palazzina. Qui l’itinerario si snoda fra i temi più cari al pittore, in linea con una poetica che “incarna i dettami della tradizione tardo-simbolista, contaminata dalle suggestioni provenienti dalla grande stagione della pittura figurativa ottocentesca”. Ecco allora i “ritratti”, soprattutto di nobildonne  ed esponenti della ricca borghesia torinese (ma in parete c’è anche, datato 1907, un interessante e vigoroso “Ritratto di Orsola”corpulenta donna di servizio che Serralunga fissa con evidente e bonaria simpatia e una bimba in “Preghiera” del 1913 che è un autentico soffio di delicata poesia); e poi i “nudi” (il “Nudo su fondo rosso” del 1910 e “Specchio e piumino” fine anni Venti, quadri in cui l’influenza di Giacomo Grosso – per certa opacità e velatura del segno, così come per la stessa postura delle figure ritratte - si fa sentire con evidenza, a tratti fin troppo marcata come nel sensuale “Nudo disteso” del 1916); per terminare con vigorose “nature morte” e con altrettanto robuste e mosse “scene di caccia” ( esemplare la “Lotta di cani con un cinghiale” del 1915). Altro dato interessante della mostra, in modo particolare rispetto ai “nudi” e  ai “ritratti”, é l’accostamento dei quadri alle copie di foto originali (stampe a sali d’argento) eseguite dallo stesso pittore e successivamente elaborate al cavalletto. Dipinto e foto della stessa modella in posa raccontano in fondo di quanto l’ispirazione, l’istinto e la visionarietà dell’artista possano tradursi, alla resa dei conti, in “narrati” parzialmente o assolutamente diversi dalla realtà cristallizzata in un semplice scatto fotografico. Esempio eclatante, la grande “Lea”, olio su tela del ’32, “modella di lusso” come lei stessa amava definirsi. Certo non più giovane ma con classe da vendere. Rossetto sgargiante e smalto alle unghie, sontuoso abito scuro, portamento sofisticato e altero, dalla fierezza aristocratica nella posa fotografica; pensierosa e sobria, avvolta in una semplicissima tunica nera priva di orpelli e  ornamenti che dir si voglia nell’opera pittorica. Atmosfera di silente e malinconica riflessione, il  quadro fu acquisito dalla Gam nel 1942, dopo la mostra postuma organizzata dagli amici di Serralunga al Circolo degli Artisti e accompagnata da una commossa presentazione di Giovanni Guarlotti.

Gianni Milani

“Luigi Serralunga tra Simbolismo e Liberty”
Palazzina di Caccia di Stupinigi, piazza Principe Amedeo 7, Nichelino , tel. 011/6200634 – www.palazzinastupinigi.it
Fino al 18 febbraio
Orari: mart. – ven. 10-17,30/ sab.- dom. e festivi 10-18,30/ lun. chiuso