Sono otto, realizzati fra il 1916 e il 1927, i capolavori di Giorgio de Chirico (nato a Volos, in Grecia, nel 1888 e scomparso a Roma nel 1978) esposti, fino al 27 maggio, al Castello di Rivoli – Museo d’Arte Contemporanea e posti in relazione - bellissima idea - con le opere di sei artisti contemporanei presenti nella collezione permanente del Museo e portatrici di temi similari o contrapposti a quelli espressi, in momenti ispirativi e in situazioni esistenziali le più diverse, dal grande Maestro della Metafisica.
La mostra è sicuramente di quelle da non perdere. Per l’alta portata artistica e storica che la contraddistingue, ma soprattutto perché offre al grande pubblico, per la prima volta, la possibilità di ammirare dipinti di de Chirico finora celati nella Villa Cerruti di Rivoli (che sarà aperta al pubblico il prossimo anno) voluta negli anni Sessanta dall’imprenditore torinese Francesco Federico Cerruti, scomparso nel 2015, ad uso esclusivo della propria collezione privata. Collezione di immenso valore per vastità e importanza, frutto di 70 anni di ricerca e raccolta di opere articolate in una modulazione del bello, che è storia dell’arte tout court, dal Medioevo fino all’età contemporanea passando per il Surrealismo e le principali correnti del Novecento internazionale. Di eccezionale rilievo gli otto de Chirico esposti nelle sale del Castello juvarriano e che finora erano stati accessibili solo a pochi e fidati “amici intenditori” del grande collezionista torinese. La rassegna, presentata nelle sale auliche al primo piano della Residenza Sabauda e curata da Carolyn Christov-Bakargiev (direttrice del Museo) e da Marcella Beccaria, offre “uno spaccato sull’inesauribile capacità metamorfica del genio di de Chirico” fatto dialogare, attraverso opere di assoluta e codificata attualità, con grandi artisti contemporanei che vanno da Giulio Paolini a Michelangelo Pistoletto, da Franz Ackermann a Fabio Mauri, fino ad Alighiero Boetti e a Maurizio Cattelan. “Il percorso espositivo – sottolinea Marcella Beccaria- propone ai visitatori, in un vertiginoso gioco tematico di assonanze, contraddizioni ma anche sorprendenti corrispondenze, che gettano ulteriore luce sulla poetica di de Chirico e sulla sua inesauribile eredità culturale”. L’iter espositivo si apre allora con le “Muse metafisiche” (olio su tela eseguito dal Maestro nel ’18, alla fine del periodo ferrarese, anche se le torri ravvisabili dalla finestra, a destra nel quadro, sembrano portarci a Bologna) messe in relazione con la “Casa di Lucrezio” (1981) del Paolini. Elementi comuni, a più di sessant’anni di distanza, il tema del doppio e dell’enigma poetico, che ritroviamo in una delle tante versioni de “Il Trovatore” (questa di Rivoli é del ’22 e molto attenta ai simbolismi dello svizzero Arnold Bocklin) per arrivare all’assoluta purezza metafisica de “Il saluto degli Argonauti partenti” (1920), di netta impronta classico-rinascimentale, con la marcata fisicità di nudi alla Luca Signorelli e “nel cielo la raffinata memoria dell’arte di Mantegna e Bellini”. Proseguendo ci si imbatte nel tema dell’autoritratto (tanto caro a de Chirico che ne eseguì più di cento), nodo centrale che pone in relazione “Autoritratto con la propria ombra” (ca. 1920) con l’imponente “L’architettura dello specchio”, eseguita nel ’90 da Pistoletto e che “abbraccia la molteplicità del reale, accogliendone l’inarrestabile mutevolezza”. A seguire il gruppo degli “interni”: “Interno metafisico” (ca. 1918), aperto al contrasto con le architetture immaginifiche di Ackermann, così come la “Composizione metafisica” del ’16 che dialoga con i meccanismi dell’immaginario collettivo evidenziati da Mauri e come l’altro “Interno metafisico” del ’17 affiancato, nell’attenzione per la semplicità degli oggetti d’uso comune, alla “quotidiana banalità” delle opere di Boetti. A completare il percorso l’interrelazione fra i “Due cavalli” (altro soggetto particolarmente amato da de Chirico) realizzati nel ’27 e “Novecento” (1997) di Cattelan, secondo un dialogo “nel quale l’impeto dionisiaco del maestro della Metafisica incontra la cinica e sconsolata visione dell’artista contemporaneo relativamente al secolo appena trascorso”. Assonanze. Contraddizioni. Rimandi di immagini e pensieri capaci di rincorrersi e riproporsi oltre le mode e oltre il tempo. Con la potenza di gesti trasfiguranti che stanno anche alla base dell’altra mostra ospitata sempre al Castello di Rivoli, nella Manica Lunga, fino al 24 giugno, dal titolo “Metamorfosi. Lasciate che tutto vi accada”. Curata da Chus Martìnez, la rassegna intende proporre l’esperienza della metamorfosi nell’arte contemporanea attraverso le opere inedite – installazioni, sculture, azioni performative, dipinti e video – di sette promettenti artisti internazionali.
Gianni Milani
“Giorgio de Chirico. Capolavori dalla Collezione di Francesco Federico Cerruti”
Castello di Rivoli- Museo d’Arte Contemporanea, piazza Mafalda di Savoia, Rivoli (Torino); tel. 011/9565222 – www.castellodirivoli.org
Fino al 27 maggio
Orari: mart.-ven. 10/17 e sab.-dom. 10/19; lunedì chiuso, aperto il lunedì di Pasqua e primo maggio