4 Luglio 2005 - “Lasciarsi morire di fame. Sottrarsi al mondo. Farlo con coscienza. Sceglierlo, ogni giorno, con vocazione. Oggi: 475 Kilocalorie.”
Sottrarsi al mondo sottraendosi corpo.
Io l’ho fatto, digiunando.
Sottrarsi al mondo sottraendosi cibo, mediante violentissime pratiche espiatorie.
Io l’ho fatto, vomitando.
Per anni e anni e anni, che non so più neppure contarli. Io che invece contavo tutto, prigioniera di un’alienante matematica del desiderio: quell’intransigenza anoressica che mi imponeva di vivere in un regime totalitario. O tutto o niente. Questa la regola assolutista.
Anni sospesi a cercare un improbabile equilibrio tra l’ipercontrollo anoressico e la perdita di controllo bulimica. Anni vissuti nel recinto di un perimetro triangolare che era tempio e cella al tempo stesso. Il luogo della mia lontananza. Il luogo che mi rendeva impermeabile al contatto. Che mi difendeva dall’altro. Dalla minaccia dell’altro. E dal rischio di vivere.
Il luogo in cui il cibo non era più cibo, ma metafora di quel nutrimento d’amore cui non mi legittimavo e che mi costringevo a non desiderare.
Anni e anni a convincermi che dell’amore si potesse fare a meno come del cibo; che dell’amore si potesse arrivare a non aver bisogno, come del cibo.
Digiunare era diventata una scelta catartica: un supremo atto di volontà. Ma quando quella fame bestiale si destava, divorandomi e spingendomi a svaligiare dispense per riempire i miei vuoti, il senso di smarrimento che ne risultava era a dir poco rovinoso. Allora, autoindurmi il vomito significava azionare un effetto-rewind. Tornare all’istante in cui ancora non avevo ceduto al bisogno. O al desiderio. Tornare al bianco estremo della vuotezza. Abitando lo specchio della dismorfofobia.
Il corpo incastrato nella dicotomia anoressico-bulimica è un corpo rotto. È un corpo leso. È un corpo incastrato tra due frammenti di uno specchio spezzato. È un corpo esploso nel proprio riflesso. È un corpo tagliato e ferito. È un corpo ingombrante e imperfetto. È il risultato della propria immagine riflessa nello specchio infranto dell’altro.
Duce di me stessa fino a rischiare la morte.
39 chli, 43 battiti cardiaci al minuto, i precipizi tra le costole.
E ancora pensavo di dover diminuire. Diminuire fino a non esistere.
Anoressia, Bulimia, Binge Eating sono espedienti autodistruttivi, ricercati per sopravvivere a tutto il resto. Per tentare di governare il vuoto. Per provare a non sprofondare. Sono tra i più pericolosi sintomi dell’alienazione contemporanea.
I rituali ossessivi anoressico-bulimici si consumano nel più estraniante degli isolamenti. E soprattutto nella vergogna.
Quel vuoto che si è incapaci di gestire, quel dolore che si è incapaci di governare, quella frattura nel luogo dell’amore, diviene terreno fertile per l’insorgenza di una patologia che può rivelarsi mortale. Perché di anoressia e bulimia si muore.
Il cibo rifiutato, poi cercato, divorato, vomitato e ancora allontanato e poi ulteriormente afferrato, abusato e rigettato, presentifica il circolo vizioso di un dolore irrisolvibile, ma che nel cibo-non-cibo trova il suo strumento di tortura e parimenti la sua soluzione. Si tratta di una compulsione a ripetere che devasta prima l’anima, poi la mente ed infine il corpo, gli organi interni, sino a condurre alla morte (in Italia anoressia e bulimia colpiscono oggi circa duecentomila donne e sono la prima causa di morte in una fascia di età compresa tra i 12 e i 25 anni).
Ma un disturbo del comportamento alimentare non è mai un disturbo dell’alimentazione, causato dall’alimentazione e risolvibile con una educazione alimentare. No. È piuttosto un disturbo del comportamento, dell’affettività, della relazione. È una patologia dell’amore.
Non è dunque l’alimentazione ad essere disturbata, ma il comportamento. E il modo in cui questa viene ossessivamente vissuta e distorta diviene sintomo di un malessere di altra natura.
IO SOTTRAGGO, un progetto itinerante e totalmente autobiografico – ideato, scritto e agito da Giovanna Lacedra –, abbraccia il progetto artistico itinerante ALIENS – LE FORME ALIENANTI DEL CONTEMPORANEO di Frattura Scomposta, per raccontare una delle patologie alienanti più diffuse nella contemporaneità, attraverso una performance che causticamente agisce come un grido contro il silenzio di chi non sa e non vuole vedere, di chi sceglie di non capire.
IO SOTTRAGGO vi costringe a guardare nel perimetro triangolare di questa verità.
IO SOTTRAGGO è un atto di coraggio che mira a combattere la vergogna e l’omertà. In nome di una verità che vive rovesciata dall’altra parte dello specchio.
(testo critico di Giovanna Lacedra)
Giovanna Lacedra in
IO SOTTRAGGO. LA TRIANGOLAZIONE CIBO-CORPO-PESO.
Live Performance: Sabato 18 maggio 2013 –ore 20.00
per ALIENS – LE FORME ALIENANTI DEL CONTEMPORANEO.
Palazzo Pirola – Piazza della Repubblica 1 – Gorgonzola (MI).
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