A inaugurare la stagione espositiva della GAM – Galleria Civica d’Arte Moderna e Contemporanea di Torino è una mostra ricca di sorprese
che intende offrire l’occasione per riscoprire parte della collezione ottocentesca del museo, ormai da quasi quattro anni non più visibile al pubblico: OTTOCENTO, Collezioni GAM dall’Unità d’Italia all’alba del nuovo secolo.
Curata da Riccardo Passoni, Direttore della GAM, e da Virginia Bertone, Conservatore Capo delle raccolte, la mostra presenta settantuno opere tra dipinti, pastelli, grandi disegni a carbone, sculture in marmo, delicati gessi e cere. Nel percorso sarà possibile ritrovare capolavori ben conosciuti come Dopo il duello di Antonio Mancini, L’edera di Tranquillo Cremona o Lo specchio della vita di Pellizza da Volpedo, accanto a opere sin qui mai esposte, ma che nell’Ottocento erano considerate come veri gioielli della raccolta moderna del Museo, come la tela di Enrico Gamba, Ecco Gerusalemme! o quella di Francesco Gonin, Nobili in viaggio, che grazie alle ricerche condotte per la mostra ha ritrovato la sua storia e il suo vero titolo: La guida. Studio di castagni dal vero.
Per rendere più immediatamente leggibile la trama della collezione, il percorso pone a confronto la nobile tradizione della pittura di figura con la novità delle ricerche sul paesaggio che furono, nelle loro espressioni più libere e sperimentali, oggetto di aspre critiche da parte della stampa conservatrice e dell’istituzione accademica.
Otto sezioni tematiche accompagnano il visitatore lungo il percorso espositivo: Nascita di una collezione, Nuove sensibilità e ricerche, La pittura di paesaggio al Museo Civico, Dalla Scapigliatura al Divisionismo e Ricerche simboliste tra pittura e scultura. Ad arricchirlo sono tre spazi monografici dedicati ad Andrea Gastaldi, Antonio Fontanesi e Giacomo Grosso, che sottolineano la loro influenza sulla scena artistica torinese anche attraverso i significativi nuclei delle opere conservate alla GAM.
Se il tema della pittura di paesaggio è destinato a divenire centrale rispetto all’identità della collezione ottocentesca torinese, la mostra intende anche sottolineare alcuni inaspettati sviluppi della pittura di storia e di figura. Se ancora a metà Ottocento, cioè al momento della formazione della collezione della GAM, questo genere era considerato il più nobile e il più apprezzato tra i generi pittorici, nei decenni immediatamente successivi queste certezze iniziano a incrinarsi e diversi giovani artisti si mettono alla prova con coraggiosi tentativi volti a rinnovare la tradizione della pittura di figura.
Proprio in Piemonte si registrano alcuni casi molto interessanti, tra cui il più audace è senza dubbio rappresentato da La femme de Claude, una grande tela il cui vero titolo sarebbe dovuto essere L’adultera. Qui il giovane e promettente talento di Francesco Mosso, destinato a morire a soli ventinove anni, rappresenta il “dramma moderno” di una giovane donna vittima della violenza del marito, una delle prime immagini di quello che oggi definiremmo un femminicidio, in cui la protagonista è colta in modo conturbante con il corpo contratto e un indimenticabile sguardo colmo di terrore negli occhi. Oggetto di polemiche e di severissimi giudizi, il dipinto è il segnale di una diversa attenzione verso temi sociali di stringente attualità raffigurati con un linguaggio altrettanto nuovo, che sarà attentamente studiato dagli artisti divisionisti e simbolisti di fine secolo.
Proprio il tema della donna come soggetto costituisce un’altra traccia significativa per visitare la mostra: da soggetto letterario dell’età romantica, la figura femminile diviene nel corso del secolo il fulcro di immagini sempre più aderenti alla realtà contemporanea. Talvolta esse restituiscono le dure conquiste femminili che ne rendono via via più attivo il ruolo in campo culturale, come nel caso della maestra elementare raffigurata ne Il dettato di Demetrio Cosola, oppure sono ancora creature mitologiche ma tutte cariche di inquietudini moderne come la fascinosa Sirena tratteggiata da Giulio Aristide Sartorio. Sotto la sua bellezza irresistibile, che si incarna nelle forme morbide del corpo e nei lunghi capelli ramati, si nasconde la sua natura di “assassina lucente” cui allude la coda di pesce gattuccio, un predatore della famiglia degli squali: questo soggetto, così amato dalla cultura preraffaellita, consente di cogliere tutto il fascino ma anche la diffidenza e i pregiudizi che gli uomini di quel tempo avevano nei confronti della donna.
Il compito di chiudere la mostra e in parte riscattare questo stato di cose è affidato proprio a una donna, Evangelina Alciati, prima diplomata alla Regia Accademia di Belle Arti di Torino, e al suo Triste madre: quadro di forte impatto che pone al centro della composizione una maternità vissuta in condizioni di estrema povertà, un’immagine di grande forza, che solo una sensibilità femminile poteva maturare.
La mostra è stata l’occasione per un lavoro di ricognizione e di studio di tutte le opere che vengono presentate, un lavoro di cui dà conto il catalogo pubblicato da Silvana Editoriale e che raccoglie i saggi di Virginia Bertone e dello storico del Risorgimento Silvano Montaldo.
In questa ampia analisi del patrimonio ottocentesco della GAM, l’Associazione Amici della Fondazione Torino Musei ha generosamente contribuito sostenendo i restauri di Ecco Gerusalemme di Enrico Gamba, acquistato nel 1862 alla Società Promotrice delle Belle Arti, e Nobili in viaggio ora La Guida. Studio di castagni dal vero di Francesco Gonin, acquisito sempre nel 1867 presso la Società Promotrice torinese. Composizioni impegnative di due non trascurabili protagonisti del nostro Ottocento.
via Magenta 31, 10128 Torino