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Il Museo Borgogna celebra, quest’anno, un altro traguardo speciale: il centenario del primo ampliamento degli spazi del Museo inaugurato nel 1915 con la costruzione del grande salone e delle sale espositive laterali.
Per festeggiare questo importante appuntamento il Museo, come sottolinea il suo presidente l’avvocato Francesco Ferraris, intende valorizzare, attraverso la mostra “Il polittico di Bianzè. L’autunno di Defendente Ferrari”, curata da Massimiliano Caldera e Cinzia Lacchia, una delle opere d’arte più importanti esposte nel grande salone e presentare al pubblico il restauro dell’imponente macchina d’altare proveniente dalla chiesa parrocchiale di Bianzè.

Il protagonista:
Il polittico, opera di Defendente Ferrari e collaboratori databile intorno al 1520, era completato in origine da quattro sportelli ad ante mobili, dipinti su entrambi i lati, che, in occasione di questa mostra, sarà eccezionalmente possibile rivedere insieme ricomposto nel salone centrale del Museo. Mentre le tavole principali sono state rimosse dalla chiesa all’inizio dell’Ottocento per finire, dopo un’avventurosa serie di peripezie, nelle sale del museo, gli scomparti sono sempre rimasti nella chiesa. Il complesso era una grande macchina d’altare che rientrava in un modello tipologico originario dell’Europa settentrionale, il cosiddetto Flügelaltar cioè altare a battenti, ma molto diffuso anche in Piemonte nel Rinascimento.
La sua grandiosa complessità e la ricchezza degli ori, insieme alla importanza delle altre opere presenti nella chiesa e frutto di committenze prestigiose, ci restituisce l’importanza della chiesa di Bianzè che assunse il titolo di collegiata.
Nel XVI secolo, infatti, il paese apparteneva al Marchesato di Monferrato e faceva dunque parte della diocesi di Casale: le ricerche svolte per questa mostra, oltre a ricostruire le vicende di questo e degli altri dipinti rinascimentali della chiesa, hanno messo il luce il forte legame fra la chiesa e la famiglia bianzinese dei Guiscardi, potenti esponenti dell’élite marchionale e committenti di opere d’arte in prestigiose chiese di Casale. I veloci cambiamenti di gusto nella capitale monferrina hanno spinto l’artista e i suoi collaboratori a modificare e ad aggiornare le scelte stilistiche nel corso dei lavori: lo scomparto centrale con la Madonna con il Bambino in trono, per esempio, riutilizza un cartone sfruttato, dieci anni prima, per un dipinto analogo destinato ad una chiesa di Savona. L’attenzione di Defendente Ferrari nei confronti del Rinascimento fiammingo e la sua ormai nota consuetudine, trasmessa anche alla bottega, di utilizzare modelli da stampe nordiche si riconosce nella Deposizione dalla croce, nel secondo registro, che cita alla lettera un dipinto perduto di Roger van der Weyden noto attraverso una fitta serie di repliche e di reinterpretazioni del Quattro e del Cinquecento. Anche dal punto di vista tecnico si osserva come l’atelier del pittore inizi ad abbandonare la scrittura pittorica dettagliata e preziosa che ne contraddistingueva i prodotti figurativi per cercare effetti di più moderna morbidezza, in grado di sostenere meglio il confronto con Gaudenzio e i suoi seguaci. La centralità del polittico nel percorso museale del Borgogna e le lunghe vicende di restauro, ricostruite con attenzione, suggellano l’importanza dell’opera e il suo significato, nel Novecento, per la storia dell’arte in Piemonte e per il ruolo cardine assunto dal Museo di raccogliere, conservare e valorizzare le opere del territorio.

Il progetto
Il progetto ha avuto inizio nel 2012, con il bando “Esponente” della FCRTO, che ha permesso al Museo di realizzare un’approfondita campagna diagnostica di analisi multispettrali non invasive, condotta dal restauratore Therry Radelet di Torino, su una selezione di opere del Rinascimento piemontese, tra le quali è stato inserito il Polittico di Bianzè grazie al sostegno anche della Compagnia di San Paolo ha sostenuto i costi.
Le ricerche hanno permesso di ottenere una mappatura dello stato di salute delle opere prese in esame e nel contempo studiare la tecnica disegnativa e costruttiva delle botteghe piemontesi. Gli esiti di queste indagini sono stati presentati attraverso una mostra nel 2013 dal titolo Il segno, la tecnica. Indagini su dipinti del Rinascimento piemontese, curata dal Museo Borgogna in collaborazione con Massimiliano Caldera funzionario della Soprintendenza torinese e allestita con l’architetto Danilo Manassero.
Sulla base di tali analisi, è emerso lo stato preoccupante in cui versava uno dei capolavori della collezione, il polittico di Bianzè che dal 1934, dopo vicende di smembramenti, trafugamenti e dispersioni, è stato ritrovato ed esposto, su progetto di Vittorio Viale, in una nuova cornice in stile nel grande salone centrale del Museo.
Considerata l'importanza dell'opera, la sua sofferta storia conservativa e le sue peculiarità stilistiche, siamo riusciti ad avviare il restauro del polittico realizzato da Thierry Radelet e Francesca Zappalà sotto la direzione di Massimiliano Caldera della Soprintendenza per i Beni Storici, Artistici ed Etnoantropologici del Piemonte.
In occasione della mostra, grazie al contributo della Fondazione Cassa di Risparmio di Torino (Cantieri diffusi), della Compagnia di San Paolo e della Fondazione Cassa di Risparmio di Vercelli, si è effettuato un intervento conservativo, realizzato dal laboratorio Nicola di Aramengo, anche sulle quattro ante della parrocchiale di Bianzè.

Gli studi, il catalogo e la mostra
Contemporaneamente all’avvio del restauro, è stato coinvolto un gruppo di studiosi per indagare la storia dell’opera cinquecentesca, approfondire le conoscenze documentarie, coinvolgendo gli archivi di Vercelli, di Bianzè e di Casale, e individuare le mani dei collaboratori di Defendente che hanno lavorato con i modelli del maestro per la redazione dell’opera che si colloca nella fase tarda della produzione di Defendente, intorno al 1520. Le ricerche del gruppo di lavoro si sono rivelate particolarmente fruttuose e hanno permesso di aprire nuovi e inattesi canali di ricerca. I contributi di Massimiliano Caldera, Massimo Bartoletti, Manuela Meni, Orso Maria Piavento, insieme a quelli di Cinzia Lacchia, Alessia Meglio ed Elisabetta Rumerio, oltre a documentare l’intervento di restauro da parte di Thierry Radelet e Francesca Zappalà, sono raccolti nel catalogo, edito dal Museo e da Scalpendi Editore di Milano, che accompagnerà la mostra.

Informazioni e prenotazioni:
Museo Borgogna
via Antonio Borgogna, 4 - 13100 Vercelli
tel. 0161.211338 (Direzione); 0161.252776 (Biglietteria); 0161.252764 (Sezione educativa)
e-mail: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.
sito internet: www.museoborgogna.it