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In Palazzo Madama a Torino, i piatti del grande chef milanese incontranole opere d’arte che li hanno ispirati. Fino all'11 giugno.

La cucina è di per se’ scienza, sta al cuoco farla diventare arte”: parola di Gualtiero Marchesi, lo chef degli chef, unanimemente considerato il fondatore della “nuova cucina italiana”, il primo ad avere ottenuto in Italia le tre stelle Michelin nel 1986 e il primo al mondo ad averle contestate e restituite nel 2008.
A lui con grande avvedutezza Palazzo Madama, nell’ambito del Bocuse d’Or OFF 2018 (il programma di eventi collaterali rivolti al grande pubblico per festeggiare il prestigioso concorso di alta cucina Bocuse d’Or Europe le cui finali si terranno l’11 e il 12 giugno prossimi per la prima volta in Italia e a Torino) dedica una suggestiva installazione, ospitata al Piano Nobile, in Sala Senato, che prende il titolo sempre da una celebre citazione del Maestro. Di come per lui avesse da essere e da intendersi la sua cucina: “La cucina come pura forma d’arte”. Scriveva ancora Marchesi nel suo “Decalogo del cuoco”: “Ogni linguaggio, compreso quello della cucina, può diventare arte, quando la conoscenza della materia e delle tecniche siano assolute e quando l’urgenza di dire superi il piano individuale e diventi universale”.

E proprio questo è quanto traspare in tutta evidenza negli otto piatti presentati a Palazzo Madama (in un evento nato dalla collaborazione fra il Circolo dei Lettori, l’Accademia Bocuse d’Or Italia, la Fondazione Torino Musei e la Fondazione Gualtiero Marchesi, con allestimento dell’ Officina delle idee e Leandro Agostini) attraverso una serie di fotoriproduzioni a colori retroilluminate di alcuni fra i più noti ed eleganti piatti di colui che fu il vero genio della cucina italiana del Novecento. Capolavori di gastronomia ispirati alle opere di noti artisti contemporanei: due nello specifico, come il cremonese di Soncino Piero Manzoni (famoso per i suoi “Achromes” e per altre più dirompenti “stramberie”) e il Lucio Fontana inventore dello “spazialismo” e autore di quegli astratti essenziali “Teatrini” che tanto affascinarono Marchesi. E proprio di Manzoni e Fontana (non solo artisti ma anche clienti e soprattutto amici con i quali lo chef amava trascorrere piacevoli affabulanti serate, una volta chiuso il locale) troviamo esposte in mostra due opere emblematiche date in prestito dalla GAM – Galleria Civica d’Arte Moderna e Contemporanea di Torino. Dalla loro attenta osservazione nascono per intuito, occhio e mani di Marchesi gli “Achromes di branzino” (2006) in omaggio all’amico Piero Manzoni e “Il rosso e il nero” (2011) in omaggio a Lucio Fontana, dove “l’onda rossa copre tre quarti del piatto e si infrange contro una riva di lava” con la “salsa al pomodoro, leggermente piccante e fredda, opposta ad alcuni pezzi di coda di rospo cotti nel nero di seppia. Freddo e tiepido, rosso e nero”. Arte pura, come il “Dripping di pesce” del 2004 realizzato pensando all’“action painting” di Jakson Pollock. Piatti e quadri: un confronto che diventa emozionante cortocircuito fra Alta Cucina e Arte. Laddove però l’Alta Cucina può divenire Arte pur giocando carte proprie e solo proprie, traendo ispirazione semplicemente dall’ innato senso dell’eleganza e delle proporzioni, dalla semplicità, dall’armonia e dall’amore per la materia. E’ il caso del celeberrimo “Riso, oro e zafferano” del 1981, piatto ardito e ineguagliabile, dalla “svettante solarità”, nato per caso per festeggiare i sessant’anni di un cliente e ancora oggi fra i must indiscutibili dell’alta cucina italiana. “Forse l’arte é dentro di me”, confessava Marchesi in una video-intervista (presentata in mostra a Palazzo Madama) al critico Francesco Bonami. Il che è probabile. Arte in tutte le forme e manifestazioni. Basti pensare anche al suo grande amore per la musica, che lo portò negli anni giovanili a studiare con convinzione pianoforte, finché “diviso fra musica e cucina – scriveva in terza persona nel suo libro autobiografico ‘Marchesi si nasce’– a trentadue anni prende due decisioni importanti: abbandona le lezioni di pianoforte e sposa la sua insegnante di musica, Antonietta Cassisa”.

Un grande amore fatto dei sentimenti che contano e di principi passioni e comuni affinità, trasmesse a figlie e nipoti, che oggi hanno tutti intrapreso la strada del professionismo musicale. Antonietta è scomparsa la scorsa estate; Gualtiero è sopravvissuto a lei solo pochi mesi. Fino al 26 dicembre 2017. Aveva 87 anni.

Gianni Milani

“Gualtiero Marchesi. La cucina come pura forma d’arte”
Palazzo Madama-Sala Senato, piazza Castello, Torino; tel. 011/4433501 –  www.palazzomadamatorino.it
Fino all’11 giugno
Orari: tutti i giorni 10/18, chiuso il martedì