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Due mostre di Francesco Cabras, fotografo e regista romano, occuperanno l’intero spazio espositivo della galleria De Chirico, offrendo una selezione di immagini intima e drammatica, che documentano il lavoro di ricerca tout court dell’artista.

L’esposizione principale, quanto meno dal punto di vista dello spazio ad essa dedicato, è URBAN ICONS. The Democracy of the Wall, che è costituita da circa 20 fotografie nelle quali Cabras immortala una serie di poster appesi al muro, che hanno nel tempo subito il deterioramento inevitabile della carta lasciata all’addiaccio, in balia dell’intervento naturale e umano. I manifesti vengono così trasformati in una galleria antropologica di autentici ritratti in cui la vita e la morte coabitano in tregua.
I soggetti sono iconici ma eterogenei, scelta che si confà all’eclettismo scevro da giudizio morale e politico del fotografo romano; molti di essi sono protagonisti sconosciuti o molto conosciuti dei conflitti politici palestinesi, mediorientali e libanesi. Senza interventi di decollage, Cabras ha ritratto poster attentatori suicidi, leader politici, vittime di attentati, leader religiosi, Hezbollah, cristiani, combattenti e civili. Ma non solo. L’iconografia religiosa è rappresentata da alcuni ritratti di Madonne drammaticamente presenti in luoghi dove il culto si fa baluardo di lotte dove la fede è ormai spesso assente.
Una toccante sequenza di Giovanni Paolo II ce ne restituisce il noto profilo a capo chino, lacerato dagli strappi.
Una serie di otto immagini di Arafat incluse in una sola stampa fotografica ci consegna lo storico capo religioso deturpato dalle intemperie e in qualche occasione dall’utilizzo dello spray per mano dell’uomo.
A proposito del “sottotitolo”, The Democracy of The Wall, lo stesso Cabras afferma: “Interessante è il potere democratico e pietoso che il muro restituiva loro dopo una vita da combattenti, da dominatori o da dominati, una pietà e una sorta di uguaglianza marchiata dall'affissione e dal decadimento del tempo davanti agli occhi di ognuno, un corridoio pubblico (la strada) dove tutti diventavano uguali sotto i colpi della pioggia, degli strappi e degli spray. E che ho pensato valesse la pena trovare, fermare e interpretare”.
Il concetto di muro dunque, nell’immaginario comune simbolo di divisione e prevaricazione, (pensiamo al caso di Berlino durante la Guerra Fredda o Israele ai giorni nostri) viene completamente stravolto dallo sguardo di Cabras, sdoganando il decadimento del personaggio/icona.
Nella Project Room una selezione di Scraps. Quello che resta già esposte a Capalbio nel 2011, con testi critici di Oliviero Beha e Bruno Di Marino.
È in preparazione un catalogo monografico che raccoglie alcuni cicli di lavori di Francesco Cabras, tra cui BDSM. Tecniche di consolazione, in mostra a Milano, Via Tortona 19 dal 5 novembre al 22 dicembre, presso lo spazio temporaneo DE CHIRICO & UDOVICH CON-TEMPORARY. 

CENNI BIOGRAFICI
Francesco Cabras (Roma, 1966) è regista e fotografo. Inizia a fotografare e stampare in camera oscura a undici anni. A venti, insieme alla laurea in psicologia inizia a lavorare come giornalista e fotografo di viaggio, ambiente, musica rock e cinema per molte testate italiane. Nel ’96 riesce a intervistare il futuro premio Nobel per la pace Aung San Suu Kyi agli arresti domiciliari a Rangoon.
Fonda la società di produzione ‘Ganga’ iniziando un sodalizio artistico con Alberto Molinari, diventa regista specializzandosi in videoclip musicali, documentari di creazione, visual art e pubblicità. Tra le diverse produzioni, videoclip per alcuni tra i maggiori musicisti italiani (Max Gazzè, Caparezza, Sergio Cammariere, Giorgia e Nada). Tra i documentari lungometraggi 'The Big Question' viene prodotto da Mel Gibson e distribuito nei cinema statunitensi da ThinkFilm attraverso l’agente di Michael Moore Andrew Herwitz diventando il primo documentario lungometraggio distribuito nei cinema Usa.
Realizza per Al-Arabiya una serie di documentari sul Kurdistan iracheno e sulla Sardegna. Di recente uscita, ‘The Akram Tree’ , un documentario sul coreografo Akram Khan e, ‘Morocco Fantasia’, sul chitarrista Al Di Meola. Attualmente sta ultimando un documentario girato nella Libia post Gheddafi.
Saltuariamente passa dall’altra parte della macchina da presa, vince il premio come migliore attore protagonista al Sacher Festival di Nanni Moretti con ‘Cosmos Hotel’ di Varo Venturi. In seguito recita in produzioni internazionali come ‘The Passion of the Christ’ del premio Oscar Mel Gibson, ‘Il mandolino del Capitano Corelli’ del premio Oscar John Madden, ‘Equilibrium’ di Kurt Wimmer, 'The Obscure brother' di Linda di Franco. E’ protagonista di ‘Rasputin’ di Louis Nero.