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Sarà inaugurata venerdì 7 ottobre alle 18.30 alla Galleria Vannucci la mostra Eloisa Pacini – Giovanni Michelucci – Racconti d’amore e d’arte alla scoperta della testimonianza di una donna vissuta a fianco di uno dei più grandi architetti di tutti i tempi.

Schiva e riservata, ma anche generosa e raffinata, Eloisa Pacini ha affidato all’arte il suo messaggio più intimo, lo scambio lirico e poetico con suo marito, Giovanni Michelucci. E questa mostra – la prima della nuova stagione, organizzata dall’associazione Utopias! –, inserita nel programma Le città di Michelucci coordinato dalla fondazione omonima di Fiesole, cade esattamente nell’anno in cui si celebra il ventennale dalla scomparsa dell’architetto pistoiese.
Un aspetto quasi inedito dunque della vita di Michelucci, filtrata attraverso lo sguardo e la mano di Eloisa Pacini, che alle doti di pianista, esercitate fin dalla prima gioventù, intreccia un talento pittorico prima di allora trascurato. Non un debutto a Pistoia quello di Eloisa, già ospite alla Prima Mostra Provinciale d’Arte nel 1928, alla quale partecipò con successo esponendo dodici opere, per poi tornarci a distanza di molti anni, soltanto nel 1980, sei anni dopo la sua improvvisa morte a Cutigliano, quando cinque dei suoi quadri verranno inseriti nella mostra La città e gli artisti. Pistoia tra avanguardie e Novecento allestita al Museo Civico.
L’associazione Utopias! dunque, con il coordinamento della fondazione Michelucci di Firenze, fa rivivere in città la memoria artistica di questa silenziosa ma capace pittrice, il cui talento è stato apprezzato in particolar modo in occasione dell’ultima e più recente mostra Eloisa Pacini Michelucci. Fuori dall’ombra della grande quercia, realizzata dalla Fondazione Michelucci a Fiesole nel marzo del 2003, con la cura scientifica di Carlo Sisi e Chiara Toti.
Fino al 5 novembre sarà possibile apprezzare una ricca selezione della collezione realizzata negli anni di attività da Eloisa Pacini, dagli scorci alle nature morte, passando per la lunga serie di ritratti, tutti accomunati da un senso di umana comprensione ed umiltà, quasi a voler stabilire un dialogo profondo con chi o cosa diviene in quel momento protagonista dell’opera. A chiudere il cerchio, non potevano mancare alcuni disegni di Michelucci, ma anche tracce di corrispondenza tra Giovanni ed Eloisa, insieme ad un importante stralcio di quotidianità, fermato per sempre su pellicola: fotografie che ritraggono Eloisa sulla montagna pistoiese, altre che la ritraggono nei viaggi intrapresi insieme al marito in diverse città europee, altre ancora nella casa Il Roseto dove si trasferiscono alla fine degli anni cinquanta e dove Eloisa sperimenta l’utilizzo dei pastelli ma soprattutto si dedica al giardino, la sua ultima e vitale tavolozza di colori.