La scelta dell’immagine da fermare in uno scatto è certo importante. Verrebbe da dire “necessaria” – e affermazione perfino banale - per il gesto fotografico. Ma il vero atto di coraggio, la vera rivoluzione sta tutta nella capacità e nella volontà di andare oltre la grezza superficie delle cose, oltre la realtà, per raggiungere "l'identità dell’essere”. Come dire: “Quando guardi le mie fotografie, stai osservando i miei pensieri”.
E proprio in queste poche coraggiose impegnative parole (perché all’idea, alla filosofia di vita e di mestiere debbono poi comunque e sempre seguire i fatti) sta tutta la chiave di lettura dell’opera di Duane Michals, certamente fra i nomi più importanti dell’avanguardia fotografica internazionale. A lui, americano della Pennsylvania, 86 anni suonati ma uno spirito ribelle che, dopo sessant’anni di onorata e prestigiosa carriera, continua a ribollire e a studiarne di nuove ogni giorno di più, il torinese MEF-Museo Ettore Fico dedica un’ampia mostra, sicuramente fra gli appuntamenti clou di quelli inseriti nel grande evento Fo.To-Fotografi a Torino, promosso per altro dallo stesso Museo di via Cigna e che, fino al 29 luglio, in 81 spazi dislocati in città celebrerà l’ottava l’arte attraverso un centinaio di mostre ed eventi collaterali fra i più vari ed eterogenei. Al MEF, sono 160 gli scatti a firma di Michals, in una rassegna curata da Enrica Viganò e organizzata in collaborazione con la Fundacion Mapfre di Madrid secondo un percorso espositivo articolato in una decina di sezioni che documentano le diverse modalità espressive gradualmente elaborate dall’artista, insieme alle diverse “serie” realizzate nel tempo su specifici argomenti. Il percorso è lungo. Si parte dal 1958 con una selezione di ritratti realizzati durante una vacanza nell’ex-Unione Sovietica che lo avvicinano con tale entusiasmo al mondo della fotografia da indurlo ad abbandonare, al suo ritorno in patria, il lavoro di grafico per abbracciare in toto la carriera di fotografo. In toto e sempre in piena libertà, nonostante le collaborazioni che subito gli arrivano come free lance da riviste importanti quali “Esquire”, “Mademoiselle” e “Vogue”. Le prime fondamentali sperimentazioni - sulle orme fantasiose e surreali di maestri e mostri sacri dell’arte, incontrati e ritratti, come Magritte, De Chirico e Balthus – iniziano a metà anni Sessanta, con la collezione “Empty New York”, ispirata a Eugène Atget e tesa a rappresentare la città vuota e silenziosa di una domenica mattina (“Ciò che non posso vedere – scrive – è infinitamente più importante di quello che posso vedere”), per continuare con quelle geniali “Sequenze” che forse gli hanno dato la maggior fama e cui arrivò proprio “per superare la frustrazione del fermo immagine”, accompagnandole successivamente a testi manoscritti, attraverso i quali esprimere ciò che non è visto in foto (posizioni politiche o di critica sociale, ad esempio) ma che va assolutamente raccontato e condiviso. Gioco. Ironia. Sperimentazioni che continuano e si riproducono in un valzer infinito. Fino ad arrivare, negli ultimi anni, alle “Fotografie dipinte”, alla reinterpretazione dei vecchi ferrotipi acquistati nei mercatini di strada, in cui Michals sovrappone segni e parole disegnate nell’olio: celebre il “Rigamarole” del 2012. In rassegna anche le ultime opere dell’artista in formato video-cortometraggio, insieme a documenti, disegni originali o modelli di libri mai presentati in precedenza, così come una biografia illustrata. E, in chiusura, il “Lavoro su commissione”, portato avanti sempre con grande determinazione per mantenere viva la libertà della ricerca personale: ritratti di personalità del mondo dello spettacolo e della cultura (singolare quello con testo manoscritto realizzato all’inventore del Reade-Maede, Marcel Duchamp) fino alle riprese fotografiche – su commissione ufficiale del governo messicano – dei Giochi Olimpici del ’68 a Città del Messico e alla copertina dell’album “Synchronicity” dei Police datato ’83. Per ogni opera, il rifiuto convinto delle snaturanti e impersonali strategie di mercato. E di qui anche la caratteristica, oggi molto rara, del piccolo formato adottato per le sue fotografie. Del resto, afferma ancora Michals: “Non mi interessa la stampa perfetta. Mi interessa un’idea perfetta. Idee perfette sopravvivono a stampe scadenti e a riproduzioni economiche. Possono cambiare le nostre vite”.
Gianni Milani
Duane Michals
MEF-Museo Ettore Fico, via Francesco Cigna 114, Torino; tel. 011/853065 – www.museofico.it
Fino al 29 luglio
Orari: da merc. a dom. ore 11 - 19