“Santi che pagano il mio pranzo non ce n’è / Sulle panchine in piazza Grande…”: versi e note indimenticabili che ti prendono al cuore ogni volta che ti piovono addosso, dedicate dal grande Lucio Dalla alla “sua” piazza Maggiore, quella che per i bolognesi doc (com’era lui) é appunto piazza Grande, la più bella del mondo, con quell’imponente Basilica di San Petronio dalla facciata “che sembra un campo arato”, ultima grande opera tardo-gotica d’Italia (1390) e sesta Chiesa per dimensioni più grande d’Europa.
E Dalla è ancora lì. Per tutti noi. In mezzo alla piazza, cappottone e coppola d’ordinanza, occhialini al naso e in primo piano il volo frenetico e scomposto di colombi che sembrano volergli rubare la scena e che lui osserva con aria lievemente ironica e stupita. E’ il rapido flash, uno dei tanti, di una vita fermata in corsa. Semplicemente una foto. Sicuramente fra le più suggestive di quelle realizzate fra il 1976 e il 2013, da Guido Harari - uno dei fotografi più famosi della storia della musica mondiale - portate in mostra a Torino, fino al 24 dicembre, nelle sale dello “Spazio Don Chisciotte” della Fondazione Bottari Lattes, in via della Rocca 37b. Origini egiziane (nasce al Cairo nel ’52), Harari vuole letteralmente stupire e incantare il pubblico torinese, attraverso una mostra che si prefigge d’essere, ad un tempo, “sonora” e di “grande impatto visivo”: ad accompagnare le cinquanta foto esposte è infatti una continua e suggestiva colonna sonora formata dai brani realizzati dagli artisti ritratti (autentiche leggende del rock, del jazz e del pop) colti in rapide istantanee e in espressioni “spesso inattese, su set spesso improvvisati”, immagini colte al volo, rubate in velocità o, in alcuni casi, frutto di complicità e lunga collaborazione fra fotografo e soggetto. “Il tutto all’insegna – sottolinea lo stesso Harari – della mia inesauribile curiosità di conoscere e fissare in un’immagine la persona che si cela dietro il personaggio”. In “Wall of Sound” (titolo della rassegna che recupera lo stesso titolo della mostra en plein air organizzata a MonforteArte nel 2007 e che vuole rendere omaggio alla particolare tecnica di registrazione musicale sviluppata nei primi anni Sessanta dal produttore discografico americano Phil Spector) troviamo così un’affascinante panoramica, lunga oltre quarant’anni, di artisti che vanno – solo per citarne alcuni - da Fabrizio De André (di cui Harari è stato per anni fotografo personale ) a Lou Reed, a Giorgio Gaber, a Bob Dylan fino a Patti Smith, a David Bowie e a Bob Marley, così come a Vinicio Capossela, ai Pink Floyd e ai Queen, a Frank Zappa, a un improbabile stregonesco Paolo Conte e a un ombroso con sigaretta fra le dita Nick Cave o al Blasco – Vasco Rossi che con ironia sbeffeggia da par suo l’obiettivo. O chi ci sta dietro. O noi. O il mondo intero. “Dietro ogni scatto – scrive delle fotografie di Harari Carlin Petrini – c’è una storia, una storia di volti che abbiamo mitizzato e che Guido ha saputo cogliere con spontaneità e leggerezza, garbo ed eleganza, tratti che rappresentano la sua cifra stilistica”. E un lungo lavoro, diventato sublime mestiere attraverso una serie di passaggi importanti (la realizzazione di copertine di dischi e reportages per artisti di fama internazionale, oltreché la pubblicazione di diversi libri e la presenza in importanti eventi espositivi a lui dedicati in Italia e all’estero), fino al suo “radicamento” nel territorio albese, dopo anni trascorsi a Milano, e all’apertura nel 2011 proprio ad Alba della sua “Wall of Sound Gallery”, interamente dedicata alla fotografia musicale. E a chi gli chiede qual è il suo scatto del cuore, risponde serafico: “Le mie foto preferite sono quelle legate al guizzo di inaspettata intesa con il soggetto”. Quella scattata ad Ennio Morricone, ad esempio, che “insofferente alla macchina fotografica, ebbe l’idea di nascondersi dietro una porta, lasciando visibili soltanto i suoi inconfondibili occhiali come sospesi a mezz’aria” o come quella con Rita Levi Montalcini, “trasformata quasi in rockstar grazie al suo giubbottino di camoscio scuro” che la rendeva “così diversa dall’immagine composta e rigorosa che offriva sempre in pubblico”.
Gianni Milani
“Wall of Sound 10”
Spazio Don Chisciotte della Fondazione Bottari Lattes, via della Rocca 37b, Torino, tel. 011/19771755-1; www.fondazionebottarilattes.it
Fino al 24 dicembre
Orari: martedì – sabato, ore 10,30 – 12,30 e 15 - 19