Che dire? E’ proprio tutta “un’altra armonia”, per restare al titolo del progetto. Dal 16 dicembre scorso i più grandi nomi del Rinascimento piemontese hanno infatti trovato, al piano terra della Galleria Sabauda di piazzetta Reale a Torino, un nuovo, meno dispersivo e dunque meglio fruibile allestimento permanente: uno spazio di 380 metri quadri loro dedicato e destinato ad ospitare circa cinquanta opere, fra dipinti polittici sculture libri miniati e pale d’altare, che raccontano un momento fondamentale e di grande apertura alle novità più “esterne” – dalle influenze pittoriche dell’Italia centrale fino a quelle d’oltralpe o di matrice fiamminga - della storia dell’arte in Piemonte dalla metà del ‘300 fino all’avvento del Manierismo.
Si tratta di una svolta importante per il complesso museale torinese, in un momento particolarmente florido che nel corso del 2017 ha registrato il 20,5% in più di visitatori (pari a circa un + 50mila) rispetto all’anno precedente. “Adesso i Musei Reali di Torino – sottolinea la direttrice Enrica Pagella - hanno superato la prima fase. Sono state riaperte porte, riallacciati rapporti, è stato dato un nuovo nome e una identità visiva unica. C’è ancora molto da fare, ma stiamo lavorando per rendere i nostri Musei più accessibili, innovativi e inclusivi, perché credo che possiamo giocare alla pari con le grandi istituzioni museali internazionali”. Sono nove le sezioni in cui si articola il nuovo percorso espositivo, la maggior parte completata da una parte multimediale e interattiva, di cui quattro quelle monografiche, dedicate a singoli Maestri del tempo. A partire da Giovanni Martino Spanzotti (Casale Monferrato, circa 1455 – Chivasso, ante 1598) cui dobbiamo la monumentale parete affrescata con i cicli della “Vita di Cristo” nella Chiesa di San Bernardino ad Ivrea, per passare al suo allievo e collaboratore (certa la collaborazione dei due nella realizzazione, fra il 1502 e il 1510, del “Polittico della Compagnia dei Calzolai” e del “Battesimo di Gesù” conservati nel Duomo di Torino) Defendente Ferrari (Chivasso, 1480/1485 – dopo il 12 novembre 1540) nelle cui opere appare ancor più marcato il gusto al preziosismo decorativo e l’indubbia attrazione verso quella pittura fiamminga che tanto aveva affascinato il suo maestro nei periodi del soggiorno milanese accompagnata alla preziosa lezione architettonica del Bramante e del Bramantino, non meno che a quella di Vincenzo Foppa e del borgognone, attivo anch’egli e parecchio in Piemonte, Antoine de Lonhy. Le altre due sezioni rendono invece omaggio a Gaudenzio Ferrari (Valduggia, circa 1475 – Milano, 1546), pittore scultore e musicista, certamente il più colto e noto artista rinascimentale piemontese, considerato il Raffaello del Nord, e a Macrino d’Alba, pseudonimo di Gian Giacomo de Alladio (Alba, 1460/1465 – circa 1520), studioso a Roma della pittura toscana e umbra (Luca Signoretti e il Perugino) e forse allievo del Pinturicchio per certe affinità stilistiche legate al gusto del colore acceso così come alla forte attrazione per le ardite architetture rinascimentali nonché per i paesaggi ricchi di ruderi e antiche rovine romane. Le rimanenti cinque sezioni tematiche documentano invece, in un più vasto insieme, alcuni tratti pittorico-stilistici accomunabili in specifiche esperienze operative nonché esempi di vita e di costume artistico propri del periodo. Ecco allora l’obiettivo puntato sull'“Eleganza gotica” fatta di ridondanti cromie e abbondante uso dell’oro, cui guardano i vari Francesco Filiberti (con la sua “Madonna in trono con Bambino”, terracotta con tracce policrome), così come Barnaba da Modena o Giacomo Pitterio con le loro raffinate tempere e oro su tavola; a seguire l’attenzione si concentra sugli “Altari del Piemonte” ( con i “Polittici” a più scomparti, molto comuni nelle chiese piemontesi fino a tutto il ‘500) per poi passare agli “Eccentrici”, di cui il belga (ma attivo a Casale dal 1521) Pietro Grammorseo è uno dei principali esponenti, con le sue opere dalla “creatività mutevole e inquieta” in cui esperienze fiamminghe mirabilmente si fondono con motivi propri del figurativismo piemontese e con suggestivi influssi leonardeschi. All'“Organizzazione della bottega” e al “Manierismo” guardano infine le ultime due sezioni. Fiorente bottega in Vercelli fu, nella prima metà del ‘500, quella di Gerolamo Giovenone; in essa lavorò anche il genero (nativo di Mortara, ma diventato il principale artista sulla scena vercellese) Bernardino Lanino. Con quest’ultimo, soprattutto, si chiude in Piemonte il capitolo dell’alto Rinascimento, fondendosi con le peculiarità del nascente Barocco in un processo di decorativismo manieristico, per il quale i modelli di Raffaello e Leonardo diventano sempre più un riferimento imprescindibile.
Foto: Defendente Ferrari: "Polittico con Madonna che allatta il Bambino", tempera e oro su tavola, circa 1520
Gianni Milani
“Un’altra armonia. Maestri del Rinascimento in Piemonte”
Galleria Sabauda, piazzetta Reale 1, Torino; tel. 011/5211106 – www.museireali.beniculturali.it
Orari: dal mart. alla dom. 8,30-19,30