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Monforte d’Alba (Cuneo). Editore e artista di frenetica e multiforme operatività. Pittore, incisore e scultore, ma anche ideatore di significative iniziative culturali, Mario Lattes (Torino, 1923 – Torino, 2001) è stato sicuramente fra i personaggi più eclettici e di maggior spicco nel mondo artistico e culturale torinese del secondo dopoguerra.

A lui, la Fondazione Bottari Lattes di Monforte d’Alba, nata nel 2009 per volontà della moglie Caterina - che oggi ne è Presidente Onoraria - proprio per ricordarlo oltreché per promuovere cultura e arte sulla scia della sua poliedrica attività, dedica fino al prossimo 12 maggio una selezionata retrospettiva, di grande interesse sul piano di un diversificato dipanarsi artistico in cui “il pennello – come ebbe a scrivere Vittorio Sgarbi, presentandolo in una personale del 1988 – segue gli impulsi, le emozioni, gli abbandoni di un’irrimediabile inquietudine”. Una trentina le opere esposte: dagli istinti astratti e informali (mai sfacciatamente eversivi e contenuti in un decennio che va dagli anni ’50 ai ’60) a una narrazione marcatamente espressionista di visionaria e fantastica figurazione in cui possono leggersi- come s’è fatto - non poche assonanze con l’opera onirica di Odilon Redon o del “pittore delle maschere” James Ensor, la mostra di Monforte ripercorre un’avventura artistica che abbraccia mezzo secolo di attività pittorica di Lattes, dagli anni ’50 ai ’90, e documenta i diversi modi espressivi e i temi più ricorrenti e fortemente identificativi dell’artista torinese. Di origini ebraiche (la sua tesi di laurea del 1960 su “Il Ghetto di Varsavia” é ancora oggi da considerarsi il più completo e ampio saggio scritto da un autore italiano sull’argomento, ma rifiutata da “Einaudi” venne pubblicata solo nel 2015 da “Cenobio” a cura di Giacomo Jori), Mario Lattes riversò ad ampie mani nel suo vivere quotidiano - da “uomo solitario e complesso” pur dotato di un sottile e amaro senso dell’ umorismo -  ma anche nelle sue opere  artistiche e letterarie (romanzi e racconti pubblicati fra il 1959 e il 1985) tutto quel pessimismo e quell’“epico senso dell’inconcludenza umana” propriamente legati alle sue radici, così come alle memorie e alla consapevolezza della propria frammentata identità ebraica. Dagli oli su tela o su carta, alla grafica fino agli acquerelli alle tempere o alle tecniche miste, troviamo quindi nelle opere oggi esposte alla  Fondazione di Monforte d’Alba il costante registro di un pervasivo sentire lirico e malinconico, che nei dipinti  non rinuncia tuttavia al vigore marcato e graffiante della gestualità, affidando alla materia cromatica (esemplari “Il giro dei Serafin” e “Interno rosso”) la costruzione di un narrato sofferente incentrato sulle contraddizioni e sulle difficoltà del quotidiano, ma anche la ferma ribellione al senso comune (a tutti i costi) delle idee o alla compiaciuta volgarità e costrizione delle mode. “Lattes – acutamente scriveva Marco Vallora nel 2008, in occasione di una grande retrospettiva a lui dedicata presso l’Archivio di Stato di Torino – è sempre là dove non te lo attendi, anche tecnicamente”. Battitore libero. Eccentrico. Malinconico e ironico. Visionario e fin troppo realista nella crudezza delle immagini e della parola. Oltre ogni gabbia. Fuori d’ogni schema. O categoria. O movimento.

Gianni Milani

“Mario Lattes dalla pittura informale all’arte figurativa”
Fondazione Bottari Lattes, via Marconi  16, Monforte d’Alba (Cuneo); tel. 0173/789282 – www.fondazionebottarilattes.it
Fino al 12 maggio
Orari: lun. – ven. 10/12 e 14,30/17; sab. 15,30/18,30