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A Carmagnola, in Palazzo Lomellini, opere da una collezione privata piemontese. Fino al 16 luglio.

Carmagnola (Torino) -  Meraviglioso. Anzi, “Maraviglioso Seicento”. Non poteva scegliersi attributo più calzante (“maraviglioso, per l’appunto, con quella piena e perfino ingombrante “a” che amplifica il concetto del termine) per titolare la mostra ospitata, fino al 16 luglio, nelle sale di Palazzo Lomellini, insieme alla Casa Cavassa fra i più interessanti edifici storici di Carmagnola, nel torinese. E per qualificare in modo netto opere – nature morte, ritratti e paesaggi- che di quel secolo e della sua arte, dopo il manierismo di fine Cinquecento, ne esprimono tutta la voglia di stupire, di creare “mirabilia” e di esagerare in bizzarrie ed eccessi formali, che gli incollano addosso la definizione (con valenze del tutto negative già a partire dal Settecento e riviste solo in tempi moderni con maggiore benignità) di “Barocco”: dall’antico spagnolo “barrueco” o dal francese “baroque”, ovvero “perla di forma inconsueta”.
Traduzione che ben inquadra la cifra stilistica degli artisti di un’epoca che fu anche e soprattutto quella della Controriforma cattolica che alla grande influì pure in campo artistico-culturale, oltreché politico e sociale. Come dimostrano la grandiosità e la sacralità di molte delle quarantaquattro opere esposte a Palazzo Lomellini, in una rassegna curata con passione e certosina cautela da Elio Rabbione (in stretta collaborazione con il Comune carmagnolese e un buon numero di Associazioni locali, fra cui la neonata “Amici di Palazzo Lomellini”) e concretamente realizzata grazie alla preziosa disponibilità di un importante collezionista piemontese, Roberto Rubiola, che generosamente ha messo a disposizione per l’evento parte delle opere seicentesche di sua proprietà, appartenenti a una raccolta “che non sceglie - precisa Rabbione - di accostare in principal modo nomi di primissimo piano da chiunque già frequentati nei vari musei italiani ed esteri, ma che dà spazio, in un ventaglio di proposte quanto mai ampio e ricco di confronti, a quegli artisti che qualcuno potrebbe definire troppo velocemente come minori”.

La mostra di Carmagnola rappresenta dunque un viaggio emozionante attraverso l’espressività artistica di un Barocco europeo (italiano, fiammingo, olandese, ma anche tedesco, francese e spagnolo) in cui ricorrono i nomi passati un po’ più in sordina nel corso dei secoli - autori “altri” dai massimi Caravaggio o Carracci o dai Rembrandt o dai Rubens e dai van Dyck – ma non meno capaci di rendere “maravigliosa” l’arte del Seicento. Alle bianche pareti di Palazzo Lomellini sfilano così, in un percorso a tratti cronologico e a tratti tematico, artisti come il fiammingo Peter Boel (sua una grandiosa, autentico elogio alla ridondanza, “Natura morta con strumenti musicali, cigno, pavone e frutta”), accanto al toscano – allievo di Lorenzo Lippi – Bartolomeo Bimbi, al romano Bartolomeo Castelli e al lombardo Francesco Mantovano con le loro minuziose “nature morte” dagli squillanti contrasti di colore, in cui si celebrano i più fantasiosi e improbabili connubi fra fiori, frutti d’ogni genere, strumenti musicali, armature, cacciagione e oggetti di ordinaria quotidianità. Di grande effetto anche alcune opere di “autore ignoto” riconducibili alle botteghe o alla cerchia di maestri al top quali Rubens e Rembrandt (“San Matteo” o la vicenda biblica di “Sara e Agar”, trattata pure dall’italiano Panfilo Nuvolone, in collaborazione con il figlio Giuseppe), l’orgiastico “Baccanale con Sileno” del fiammingo Jacob Jordaens e alcuni “Interni” di stupefacente e accuratissima descrizione scenica come quelli a firma degli olandesi Dirck van Delen e Jacques de Claeuw.
Straordinaria, per potenza compositiva e per l’intima emozionalità che luce e colore trasmettono al dipinto, è anche la popolare “Pietà” di pittore romano ignoto attivo nella prima metà del secolo, così come il “San Giuseppe” (con in mano il bastone fiorito) dello spagnolo Jusepe de Ribera, operante a Napoli dal 1616, fortemente attento all’opera del Caravaggio e sicuramente fra i più importanti esponenti della pittura partenopea seicentesca. Fra gli italiani, una menzione particolare meritano ancora artisti come Sebastiano Conca da Gaeta, rappresentato in mostra da una paciosa “Sacra famiglia con San Giovannino” (e che ebbe modo di lavorare anche a Torino nell’oratorio di San Filippo Neri e nella Chiesa di Santa Teresa), il siciliano Pietro Novelli (suo uno splendido “Ritratto di vecchio” che emerge dall’ombra), accanto al romano Andrea Locatelli, fra i rappresentanti di maggior interesse della “Scuola dei bamboccianti” – specializzata nel racconto della vita quotidiana romana accostata spesso alla riproposta di reperti dell’antica Roma – fino al veneziano Bernardo Canal, autore di due preziose “vedute” della città lagunare, abile scenografo teatrale, ma come pittore vissuto sempre all’ombra del figlio Giovanni Antonio, l’assai più noto Canaletto.

(Gianni Milani)

“Maraviglioso Seicento”
Palazzo Lomellini, piazza Sant’Agostino 17, Carmagnola (To), tel. 011/9724238
Fino al 16 luglio
Orari: da giov. a sab. 15,30/19; dom. 10/12,30 e 15,30/19 – Ingresso libero