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Una vita intera dedicata alla pittura. Studi all’Accademia Albertina di Torino e allievo, ancora giovanissimo, di Luigi Serralunga, del quale frequentò per anni lo studio - “compagno di banco” di altri giovani dalle belle speranze e dalle indubbie doti artistiche come Filippo Sartorio, Mattia Moreni e Piero Martina - Ettore Fico non smise mai di dipingere.

Dai primi Anni Trenta (non ancora ventenne) fino agli ultimi giorni di vita. Non depose pennello e colori neppure durante la guerra, quando nel 1943 fatto prigioniero in Africa Settentrionale e portato ad Algeri, grazie alla sensibilità del suo comandante gli venne addirittura concessa una tenda-studio tutta per se’, dove nacquero numerosi ritratti di ufficiali inglesi, così come paesaggi esotici dal fascino sottile, il porto di Algeri e le sue bellissime spiagge. Luoghi e opere ben presenti, insieme ad altri che hanno segnato il suo lungo percorso artistico - esistenziale (da Torino alla Liguria, dalla Costa Azzurra alle marine di Positano fino a Castiglione Torinese, considerato il suo “buen retiro”), nell’importante e sicuramente completa retrospettiva torinese  a lui dedicata nel centenario della nascita dal MEF, il Museo Ettore Fico, nato tre anni fa dalla riconversione di un ex edificio industriale per volontà della famiglia e della moglie Ines Sacco in via Cigna 114, proprio per tenere viva la memoria dell’artista, nato a Piatto Biellese nel 1917 e morto a Torino nel 2004. Oli, tempere e acquerelli, disegni e incisioni: complessivamente sono oltre centosettanta le opere esposte in rassegna (la curatela è di Andrea Busto, direttore del Museo) che documentano più di sessant’anni dell’avventura artistica di Fico, pittore di ampio respiro internazionale, cui negli ultimi anni sono state dedicate numerose retrospettive in importanti spazi museali e, che, fin dal ’47, appare fra i protagonisti di maggior spicco nell’ambito di prestigiosi appuntamenti culturali, quali la Quadriennale di Torino e la VII Quadriennale Nazionale di Roma del 1955. Anni in cui, sia pur non dimenticati, sono comunque alle spalle gli insegnamenti del maestro Serralunga, superati da una vera e propria “rivoluzione stilistica” in cui si conferma la volontà di una ricerca espressiva del tutto personale, eclettica (anche nell’uso delle tecniche) e fortemente attratta dai linguaggi più innovativi dell’epoca. I suoi oli (paesaggi e nature morte soprattutto) diventano spazi aggrediti dal colore, acceso e vibrante, spesso dalle tonalità violente proprie dell’esperienza  fauve; le pennellate si fanno ampie e sinuose e la materia gioca un ruolo fondamentale nella delineazione di soggetti pittorici, non di rado frutto di una “voluta” intrigante casualità. La stessa che gli farà guardare con molta attenzione e simpatia, alla fine degli Anni ’50 alle trasgressive esperienze dell’informale europeo e d’oltreoceano. Ne restano tracce nella bellissima “Composizione con fiori”, esposta al MEF ed eseguita a tempera, china e biro su carta nel 1966. Ma già alla fine degli Anni ’60, le campiture di colore si fanno meno “arroganti” e più distese e gli oggetti si riappropriano in certo modo delle loro forme usuali, in schemi compositivi che guardano all’astrazione, ma anche alle geometrie-cubiste di Braque e di Gris (esemplare la “Natura morta” del ’64) e ai lampi di colore di Cèzanne o di Monet e Renoir. Così come di Matisse e Bonnard. Bellissimo, in quest’ottica, il “Giardino”, pastello su carta del ’96. Un’accecante esplosione di colori. Una pittura che si reinventa di volta in volta. Tenuta a terra da un grande mestiere ma fatta veleggiare da una passione e da una genialità artistica che vivono di fantasia e stupefacente creatività. Scrive bene Andrea Busto: “La pittura è per Fico gioco e poesia, colore e luce, dimensione del vivere e fonte di giovinezza, storia in continuo divenire”.

Gianni Milani

“Ettore Fico. Opere dal 1935 al 2004”
MEF - Museo Ettore Fico, via Cigna 114, Torino; tel. 011/852510 – www.museofico.it
Fino al 17 settembre
Orari: da merc. a ven. 14-19; sab. e dom. 11-19
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…E AL MEF C’E’ ANCHE IL “CAPRICCIO” DI PAOLO BRAMBILLA
Sempre fino al 17 settembre, contestualmente alla retrospettiva di Ettore Fico, il MEF ospita anche la personale (la sua prima in un Museo) del giovane artista lombardo Paolo Brambilla. Nato a Lecco nel 1990, Brambilla presenta, sul tema del “Capriccio”- che dà il  titolo alla mostra – un lavoro “site specific”, realizzato appositamente per gli spazi del Museo di via Cigna e che propone diversi ambienti totali in cui convivono (attraverso materiali che vanno dalle incisioni a laser alle stampe digitali su raso, alluminio e ottone) arredi modulari insieme a sculture amorfe e a impianti decorativi di singolare progettualità. Un testo critico di Niekolas Johannes Lekkerkerk accompagna la mostra.

g. m.